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| Tossicità dell'Ossigeno | |
| | Autore | Messaggio |
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Placebo Membro Elite Md-X
Numero di messaggi : 595 Età : 49 Data d'iscrizione : 30.11.08
| Titolo: Tossicità dell'Ossigeno Lun 29 Dic 2008, 11:49 | |
| L’OSSIGENO NELL’IMMERSIONE SUBACQUEA : LA TOSSICITÀ Fabio Faralli Capitano di Fregata MedicoL’ossigeno è un gas forse paradossale: permette la vita delle nostre cellule, ma con i suoi effetti tossici ne determina, probabilmente, anche l’invecchiamento e, in definitiva, la morte. Poco ossigeno è incompatibile con la vita, troppo ossigeno causa la morte. Della tossicità di questo gas si erano già accorti i suoi scopritori, Priestley e Scheele, evidenziandola sulle piante esposte all’ossigeno puro. Priestley, osservando la rapida combustione di una candela immersa in ossigeno, scrisse che “le forze di un animale si sarebbero esaurite troppo velocemente in questo particolare tipo di aria”. Paul Bert nel 1878 aveva verificato e dimostrato la tossicità a carico del sistema nervoso centrale umano di alte pressioni parziali di ossigeno nell’impiego subacqueo. Successivamente, nel 1899, durante una serie di esperimenti tesi a stabilire gli esatti confini della tossicità dell’ossigeno, Lorrain Smith descrisse con esattezza gli effetti tossici a carico del polmone. Un ratto, dopo quattro giorni di esposizione ad un’aria arricchita di ossigeno al 73%, sviluppò una forma di polmonite fatale. Successive osservazioni furono fatte durante l’impiego dei primi autorespiratori ad ossigeno puro dai fisiologici della Marina Militare Italiana e della Royal Navy. Infine gli studi e le ricerche nel campo della medicina iperbarica e delle immersioni in saturazione hanno completato il quadro attuale delle conoscenze. La teoria più accreditata per spiegare la tossicità di questo gas è quella che individua nei radicali liberi dell’ossigeno i colpevoli. I radicali liberi non sono altro che atomi, ioni o molecole con un elettrone spaiato nell’orbitale più esterno; tale configurazione li rende estremamente reattivi, in quanto, venendo in contatto con altri ioni, atomi o molecole, cercano di recuperare da questi l’elettrone mancante, oppure tentano di cedere l’elettrone in eccesso, per assumere così una configurazione stabile. L’ossigeno, nel nostro organismo, forma radicali liberi a livello della catena respiratoria mitocondriale, dove, ricevendo quattro elettroni e combinandosi con due atomi di idrogeno, forma acqua. Durante questa reazione che avviene in fasi successive, si formano l’anione superossido e lo ione idrossile, veri radicali liberi, e l’acqua ossigenata, composto che a sua volta porta alla formazione di radicali liberi. Anche l’azione delle radiazioni ultraviolette porta alla formazione di un radicale libero dell’ossigeno, l’ossigeno singoletto. I danni che derivano da queste reazioni con i radicali liberi dell’ossigeno interessano gli acidi nucleici, come il DNA, le proteine, gli enzimi ed i lipidi delle membrane cellulari. Da ciò si comprende come nessuna parte del nostro corpo è immune dagli effetti tossici dell’ossigeno. Oltre alla tossicità sul sistema nervoso centrale (Effetto Paul Bert) e sul sistema broncopolmonare (Effetto Lorrain Smith), sono stati, infatti, rilevati segni di tossicità a carico della retina, dei reni, del fegato, del cuore, delle ghiandole endocrine e dei globuli rossi. Vi sono fattori che aumentano la tossicità dell’ossigeno, altri che hanno invece un effetto protettivo.Nella tabella 1 ne sono alcuni: Fattori che aumentano l riportati a tossicità dell’Ossigeno
| Fattori che riducono la tossicità dell’Ossigeno
| - ipercapnia - freddo - immersione - apprensione - fatica - ipertiroidismo - ipercorticosurrenalismo - febbre - sferocitosi congenita - aspirina
| - esposizione intermittente all’ossigeno iperbarico - vitamina E - vitamina C - selenio - magnesio - barbiturici - ipotiroidismo - ipocorticosurrenalismo | Purtroppo occorre sottolineare che, mentre i fattori che favoriscono la tossicità dell’ossigeno sono tutti molto efficaci nella loro azione, per quanto riguarda i fattori protettivi, l’unico che effettivamente ha una qualche efficacia nei confronti dell’ossigeno iperbarico, è l’interruzione intermittente della esposizione. Tale fatto solleva il problema, non tanto in camera iperbarica, dove, anzi, l’ossigeno viene somministrato a cicli, intervallati da respirazione della atmosfera ambiente, ma soprattutto nel campo subacqueo, nell’impiego di autorespiratori ad ossigeno, nell’uso di miscele iperossigenate (Nitrox, Heliox, Trimix), nelle decompressioni ad ossigeno. Tra i vari effetti tossici dell’ossigeno, preoccupano il subacqueo essenzialmente quelli a carico del sistema nervoso centrale e del polmone, che possono considerarsi veri e propri organi bersaglio. L’Effetto Paul Bert La tossicità neurologica dell’ossigeno, conosciuta, appunto, come Effetto Paul Bert, in ricordo del suo primo osservatore, ha molteplici caratteristiche. Innanzitutto presenta una estrema variabilità individuale e, nello stesso individuo, può variare da giorno a giorno. È riportata una serie di sintomi prodromici, cioè che precedono la crisi vera e propria. A scopo mnemonico si usa impiegare un acronimo di derivazione anglosassone: VENTID, dove: -Visual = disturbi visivi, più frequentemente restringimento a tunnel del campo visivo, scotomi scintillanti (i famosi lampi di luce); -Ear = disturbi uditivi, generalmente ronzii o percezione esagerata dei suoni; -Nausea; -Twitching = tremore, generalmente con fascicolazioni a carico dei muscoli del volto; -Irritability = irritabilità; -Dizziness = vertigini; -La lista completa dei segni premonitori è la seguente: -pallore -sudorazione -bradicardia-palpitazioni- sonnolenza -depressione- euforia - irritabilità - apprensione - riduzione del campo visivo a tunnel - scotomi scintillanti - allucinazioni uditive, gustative, olfattive - dispnea - nausea, vomito - vertigini - fascicolazioni delle labbra, delle guance, delle palpebre Sfortunatamente i segni premonitori non sempre, anzi difficilmente, vengono notati, soprattutto durante una immersione; probabilmente un attento compagno di immersione con ARO può notare la perdita di bollicine di gas dalla bocca, indice della insorgenza di fascicolazioni delle labbra; purtroppo ciò precede l’attacco convulsivo solo di pochi secondi; ci si trova quindi a dover fronteggiare direttamente la crisi iperossica vera e propria, caratterizzata da convulsioni che sono simili a quelle di una forma di epilessia conosciuta come grande male: ad una fase iniziale di contrazione tonica della muscolatura segue una fase con scosse cloniche, ritmiche, il tutto seguito da un periodo di perdita di coscienza più o meno lungo. È abbastanza ovvio immaginare quale può essere l’esito di una crisi del genere quando intervenga sott’acqua durante una immersione. Nei casi che finiscono bene alla ripresa della coscienza generalmente vi è disorientamento nello spazio e nel tempo e permane una amnesia che, inizialmente, si può estendere anche al periodo antecedente l’immersione; lentamente, quindi, la memoria viene recuperata, così come l’orientamento nello spazio e nel tempo; rimarrà solo il “buco nero” relativo alla crisi vera e propria. Spesso la crisi si manifesta in modo particolare, cioè con il “fenomeno OFF”. Lo scenario è il seguente: il subacqueo è riuscito ad avvertire i prodromi della crisi iperossica e decide quindi di tornare in superficie; nel momento del passaggio, sulla barca, alla respirazione ad aria, si scatena la crisi convulsiva. La genesi di questo fenomeno non è ancora del tutto chiarita, ma questo è il motivo per cui è consigliato di non rimuovere il boccaglio dell’ARO prima di essere al sicuro fuori dall’acqua, sulla barca appoggio. Gli incidenti da iperossia insorgono sempre un certo tempo dopo l'inizio dell'immersione. Questo tempo di latenza varia in funzione inversa della profondità. Gli incidenti da iperossia insorgono sempre un certo tempo dopo l'inizio dell'immersione. Questo tempo di latenza varia in funzione inversa della profondità. Sperimentalmente è stato stabilito (soggetto a riposo, in camera iperbarica, in respirazione di ossigeno in circuito aperto) che: - per 7 metri la latenza è di 7 ore; - per 8 metri la latenza è di 3 ore; - per 10 metri la latenza è di 50 minuti; - per 20 metri la latenza è di 30 minuti; - per 25 metri la latenza è di 10 minuti. | |
| | | Placebo Membro Elite Md-X
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| Titolo: Re: Tossicità dell'Ossigeno Lun 29 Dic 2008, 11:55 | |
| Tali tempi di latenza vanno comunque presi con le molle, in quanto derivano da osservazioni su subacquei militari, i quali costituiscono un gruppo altamente selezionato ed abbastanza omogeneo, ben differente dalla comune popolazione subacquea sportiva. Inoltre il fatto di essere stati verificati a riposo ed in camera iperbarica deve far capire che non sono assolutamente una indicazione a spingersi a queste pressioni e per questi tempi .L’Effetto Lorrain Smith La tossicità polmonare da ossigeno, o Effetto Lorrain Smith, è anche conosciuta come tossicità cronica in quanto può manifestarsi nell'uomo dopo esposizioni prolungate a pressioni parziali di ossigeno superiori a 0,5 ATA. Nell'uomo normale i primi segni di intossicazione tracheobronchiale (tosse, bruciore retrosternale nella inspirazione) compaiono dopo circa 10 ore di respirazione di ossigeno a 1 ATA; a questo punto le alterazioni sono ancora reversibili; se l’esposizione è invece protratta fino a 24 - 48 ore, si ha sviluppo di una sindrome detta ARDS (Adult Respiratory Distress Syndrome) ed infine fibrosi interstiziale polmonare e danno alveolare diffuso. Nella comune attività sportiva subacquea ben difficilmente si raggiungono tempi di esposizione tali da sviluppare una tossicità polmonare da ossigeno; le situazioni più a rischio si verificano in corso di ossigeno terapia iperbarica o di immersioni in saturazione. Nel caso di lunghe decompressioni in ossigeno, magari conseguenti ad immersioni tecniche con l’impiego di miscele iperossigenate, l’effetto tossico polmonare deve essere tenuto in considerazione nel caso di un eventuale trattamento terapeutico ricompressivo. Considerato l’elevatissimo rischio potenziale, la medicina subacquea ha cercato di stabilire i limiti di sicurezza per l’esposizione all’ossigeno iperbarico, la possibilità di predizione della suscettibilità individuale e le misure protettive. Di questo ultimo punto si è già detto: l’unica misura veramente efficace, sia nei confronti della tossicità neurologica che di quella polmonare, è l’interruzione intermittente della respirazione di ossigeno puro, o meglio, l’abbassamento intermittente della pressione parziale dell’ossigeno nel gas che viene respirato. Per quanto riguarda, invece, il primo punto sono stati fatti numerosissimi studi sperimentali e di osservazione che hanno portato alla adozione di una serie di limiti, alcuni dettati da esigenze lavorative o militari, altri solo precauzionali. Così abbiamo, per l’impiego dell’apparecchio ad ossigeno, le 2,5 ATA per 10 minuti della U.S. Navy e della Royal Navy e le 2,2 ATA per 15 minuti della Marina Italiana; 1,6 ATA per l’impiego dell’ossigeno in decompressione in acqua, 1,4 ATA per l’impiego di miscele iperossigenate in circuito aperto, 1,3 ATA nei rebreathers. Come si può notare, per i limiti “militari”, oltre alla pressione parziale dell’ossigeno, è indicato, giustamente, anche un tempo di esposizione. La NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) fornisce una tabella dove vengono riportati i limiti massimi di esposizione per una immersione singola, i limiti giornalieri e i limiti per immersioni eccezionali. In pratica questa tabella ci indica i limiti in minuti della dose di ossigeno che possiamo assumere nella immersione singola e nelle 24 ore. Raggiungendo il tempo massimo indicato nella tabella avremo assunto il 100% della dose di ossigeno permessa, al fine di evitare effetti tossici sul sistema nervoso centrale; nel caso di esposizioni più brevi dovrà essere calcolata la percentuale della dose massima di esposizione. Prendiamo ad esempio una semplice immersione ad aria a 42 metri per 30 minuti; secondo le tabelle U.S. Navy dovremo sostare in decompressione per 5 minuti a 6 metri e per 21 minuti a 3 metri con una risalita in 4 minuti alla prima fermata. Per prima cosa dovrò calcolare la pressione parziale di ossigeno alla quale sono stato esposto: 0,20 × 5,2 = 1,04 0,20 × 1,6 = 0,32 0,20 × 1,3 = 0,26. Come si può vedere solo la fase in quota della immersione rientra nella esposizione tossica; per sicurezza calcoleremo anche la risalita come esposizione alla massima pressione parziale di ossigeno: (30 + 4) = 34 minuti di esposizione ad una pressione di 1,04 che arrotondiamo a 1,1. Secondo la tabella NOAA il tempo massimo previsto per una pressione di 1,1 è di 240 minuti, per cui 34 minuti corrisponderanno al 34/240 = 0,14 cioè il 14% della massima esposizione possibile. Con l’impiego di miscele iperossigenate ed ossigeno in decompressione ovviamente i valori percentuali salgono di molto. Se una o più immersioni nelle 24 ore hanno raggiunto i limiti per una esposizione singola normale, il subacqueo deve trascorrere un minimo di due ore a livelli normossici di pressione parziale di ossigeno prima di poter effettuare una nuova immersione. Se invece una o più immersioni nelle 24 ore hanno raggiunto i limiti di esposizione giornaliera, allora il subacqueo dovrà attendere un minimo di 12 ore a livelli normossici di pressione parziale di ossigeno prima di effettuare una nuova immersione. Ai fini della sicurezza sarebbe bene programmare immersioni che prevedano al massimo l’80% della dose massima ammissibile, in considerazione del fatto che potremmo avere bisogno, fatti i debiti scongiuri, anche di un trattamento iperbarico terapeutico. Questo metodo può quindi risultare utile per avere una idea della tossicità accumulata in seguito ad esposizioni iperossiche, ma dobbiamo sempre ricordare che è riferito al solito subacqueo medio, mediamente in buona salute e che manifesta la stessa reazione media nei confronti dell’ossigeno in ogni situazione. Sono tuttora in corso ricerche mirate a sviluppare un test che permetta di valutare la suscettibilità di base di un individuo agli effetti tossici dell’ossigeno. In passato veniva utilizzato il cosiddetto “test ad ossigeno”: il subacqueo da valutare respirava in camera iperbarica ossigeno puro alla pressione di 2,8 ATA per 30 minuti; si osservava quindi l’eventuale comparsa di sintomi e segni di tossicità da ossigeno per stabilire la sua idoneità. In questo campo la Marina Militare Italiana, utilizzando un metodo di indagine sofisticato come il mapping elettroencefalografico, appaiato allo studio del flusso ematico cerebrale tramite l’impiego di traccianti radioattivi, è riuscita ad evidenziare gli effetti tossici dell’ossigeno iperbarico sugli individui predisposti a sviluppare una crisi iperossica. In pratica viene effettuata una registrazione elettroencefalografica durante l’esecuzione del classico test ad ossigeno a 2,8 ATA in camera iperbarica. Il tracciato viene quindi elaborato separando le onde elettroencefalografiche secondo le frequenze principali che compongono il tracciato; infine per ogni frequenza viene costruita al computer una mappa del cervello che permette di localizzare le zone con maggiore o minore attività. A questo punto, grazie ad un esame chiamato SPECT (Single Photon Emission Computerized Tomografy), viene valutata la distribuzione del flusso cerebrale. Un esempio di questo tipo di esame è mostrato nelle figure 1 e 2. Si tratta di un subacqueo che ha avuto un episodio convulsivo da iperossia durante una immersione con l’ARO. Il mapping cerebrale (figura 1) mostra una zona antero-laterale di attività a frequenza lenta, evidenziata dai colori più accesi, giallo e rosso; la SPECT (figura 2) mostra la corrispondente area del cervello nella quale, durante la respirazione di ossigeno iperbarico, si nota una riduzione del flusso sanguigno, riconducibile alla zona gialla, priva di colore rosso.
[/size] Figura 1 Figura 2 | |
| | | Placebo Membro Elite Md-X
Numero di messaggi : 595 Età : 49 Data d'iscrizione : 30.11.08
| Titolo: Re: Tossicità dell'Ossigeno Lun 29 Dic 2008, 12:11 | |
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Limiti di Esposizione normale | Pressione parziale Ossigeno | Tempo massimo di esposizione singola | Tempo massimo di esposizione giornaliera | 0,6 | 720 | 720 | 0,7 | 570 | 570 | 0,8 | 450 | 450 | 0,9 | 360 | 360 | 1,0 | 300 | 300 | 1,1 | 240 | 270 | 1,2 | 210 | 240 | 1,3 | 180 | 210 | 1,4 | 150 | 180 | 1,5 | 120 | 180 | 1,6 | 45 | 150 | 1,7 | -- | -- | 1,8 | -- | -- | 1,9 | -- | -- | 2,0 | -- | -- | Tale zona di ipoafflusso agirebbe da stimolo scatenante la crisi convulsiva sotto ossigeno. Questo test è stato utilizzato ai fini dello screening dei candidati alla attività subacquea, ed ha permesso di ridurre e quasi azzerare i fenomeni iperossici nei subacquei militari. Non solo, tali ricerche hanno confermato e dimostrato quanto riferito dai vecchi palombari e dagli istruttori delle scuole, i quali avevano notato un fenomeno particolare: la classica crisi iperossica negli allievi compariva quasi sempre alla fine di una settimana di intensa attività con l’autorespiratore ad ossigeno. I tracciati elettroencefalografici elaborati con il metodo del mapping sembrano evidenziare, infatti, l’effetto tossico cumulativo dell’ossigeno iperbarico, che si manifesterebbe con l’aumento della attività elettrica della corteccia cerebrale soprattutto secondo particolari frequenze. Anche nei confronti degli effetti sul polmone si è cercato di trovare un sistema per valutare la dose di tossicità. In questo caso è stato più facile, in quanto il semplice esame spirometrico, eseguito prima e dopo l’esposizione iperossica, ha fornito l’indicazione necessaria. Infatti si è notato che, come indice dell’effetto tossico sui polmoni, poteva essere utilizzato il valore della capacità vitale, ossia il volume di aria che si riesce a espirare con una espirazione massima forzata, dopo aver compiuto una inspirazione massima. In base alla riduzione che veniva provocata dalla respirazione di ossigeno, rapportata ad un fattore unitario di tossicità, sono stati stabiliti dei limiti di esposizione. Esiste, infatti, un sistema matematico per valutare la dose tossica di ossigeno respirato che collega il tempo di esposizione a pressione parziale aumentata di ossigeno alla diminuzione della Capacità Vitale. Questo sistema, messo a punto da Wright nel 1942, stabilisce che la respirazione di 1 ATA di ossigeno al 100% per 1 minuto, rappresenta l'unità tossica polmonare (U.P.T.D. - Unit Pulmonary Toxicity Dose). Per determinare quante UPTD ho accumulato durante una esposizione iperossica o durante una immersione, devo dapprima ricavare la pressione parziale di ossigeno alla quale sono stato esposto, poi moltiplicare il tempo di esposizione per i fattori K forniti nella tabella 2.
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| | | Placebo Membro Elite Md-X
Numero di messaggi : 595 Età : 49 Data d'iscrizione : 30.11.08
| Titolo: Re: Tossicità dell'Ossigeno Lun 29 Dic 2008, 12:22 | |
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Pressione parziale di Ossigeno | Fattore K | Pressione parziale di Ossigeno | Fattore K | 0,50 | 0,00 | 1,70 | 2,07 | 0,60 | 0,26 | 1,80 | 2,22 | 0,70 | 0,47 | 1,90 | 2,36 | 0,80 | 0,65 | 2,00 | 2,50 | 0,90 | 0,83 | 2,10 | 2,64 | 1,00 | 1,00 | 2,20 | 2,77 | 1,10 | 1,16 | 2,30 | 2,91 | 1,20 | 1,32 | 2,40 | 3,04 | 1,30 | 1,48 | 2,50 | 3,17 | 1,40 | 1,63 | 2,60 | 3,31 | 1,50 | 1,78 | 2,70 | 3,44 | 1,60 | 1,93 | 2,80 | 3,57 |
Utilizzando la Capacità Vitale (CV) come indice di tossicità polmonare, mediamente avremo le seguenti relazioni:
UPTD | Riduzione della Capacità Vitale | 615 | 2% | 1035 | 6% | 1425 | 10% | 2190 | 20% |
Le riduzioni della capacità vitale indicate nella tabella 2 non sono permanenti; infatti dopo una riduzione del 2% abbiamo il ritorno ai valori normali in circa 2 ore, mentre dopo una riduzione del 10% dovremo attendere fino a 12 ore. Il valore di 615 UPTD è stato proposto come limite massimo di esposizione giornaliera per un subacqueo mentre 1425 UPTD sono il limite massimo in corso di trattamento di ossigeno terapia iperbarica. Un trattamento con tabella U.S. Navy 6 fornisce 646 UPTD. In realtà anche questo sistema di valutazione ha i suoi limiti : i valori sono stati ricavati da un gruppo selezionato di subacquei della U.S. Navy e l’esposizione è considerata continuativa, quindi senza l’effetto protettivo delle interruzioni con respirazione di aria. Ciò, se da una parte ripropone il problema della trasferibilità dei dati ricavati su subacquei particolari, quali quelli militari, al subacqueo comune, dall’altra porta ad una sovrastima dell’effetto tossico dell’ossigeno. Particolarmente interessante appare lo studio denominato REPEX che ha valuatato la dose ammissibile in corso di esposizioni ripetute giornaliere ad alte pressioni parziali di ossigeno, come avviene nelle immersioni in saturazione.
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| | | Placebo Membro Elite Md-X
Numero di messaggi : 595 Età : 49 Data d'iscrizione : 30.11.08
| Titolo: Re: Tossicità dell'Ossigeno Lun 29 Dic 2008, 12:29 | |
| La tabella riporta i limiti individuati:
Giorni | Dose | Giorni | Dose | Giorni | Dose | 1 | 850 | 6 | 420 | 11 | 300 | 2 | 700 | 7 | 380 | 12 | 300 | 3 | 620 | 8 | 350 | 13 | 300 | 4 | 525 | 9 | 330 | 14 | 300 | 5 | 460 | 10 | 310 | 15 | 300 |
Come si può dedurre l’effetto tossico cumulativo provoca una riduzione graduale delle OTU ammissibili fini a 300 dal decimo giorno in poi. Fabio FARALLI Capitano di Fregata Medico Convegno Internazionale “Adeguamento delle Tecniche di Decompressione nell’Attività Subacquea Industriale” | |
| | | Fabio Membro Elite Md-X
Numero di messaggi : 383 Età : 60 Data d'iscrizione : 30.11.08
| Titolo: Re: Tossicità dell'Ossigeno Lun 29 Dic 2008, 12:53 | |
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| Titolo: Re: Tossicità dell'Ossigeno | |
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