Ugo De Vitis Scrive:Partiamo da Scilla intorno alle sei del mattino di sabato 13 settembre, dobbiamo spostarci sulla sponda ionica della Calabria per raggiungere il porto di Roccella Ionica dove il gommone del diving center Le tonnare di Palmi, stazionato nel suddetto porto, ci attende con a bordo Franco e Rocco, rispettivamente titolare e guide del suddetto centro.
Quando arriviamo sul posto è già tutto pronto, non ci resta che dare una mano per issare a bordo i mono da 18 caricati con trimix 18/35 e tutto il resto dell’attrezzatura.
Oggi siamo in sei ad immergerci su questo relitto, io e giacinto per la seconda volta in questa settimana di soggiorno calabro.
La giornata è calda e soleggiata, e la “sgommonata” che ci sobbarchiamo è quasi gradevole perché ci permette di rinfrescarci all’aria ionica e rende meno pesante le circa dodici miglia che separano il porto di Roccella da Punta Stilo, situata più a nord, di fronte al quale, a circa due miglia dalla costa, giace il sommergibile della Regia Marina Militare “Ammiraglio Millo”,affondato il 14.03.1942
da un siluro lanciato dal sommergibile inglese “Ultimatum”, mentre navigava in superficie. Dei 71 uomini di equipaggio, solo 14 si salvarono e furono fatti tutti prigionieri. Il relitto, lungo circa 88 metri, giace parzialmente affondato a circa 73 metri di profondità su di un fondale fango-melmoso, pertanto la visibilità non è sempre delle migliori.
Raggiunto il punto, rigorosamente tramite le coordinate memorizzate sul gps, sul quale ci immergeremo, troviamo il pedagno e, terminate le operazioni di ancoraggio, scendiamo in acqua.
In superficie c’è una leggera corrente ma non ce ne curiamo perché siamo già sulla cima che ci porterà direttamente sul relitto. La lenta discesa nel blu è spettacolare, l’acqua è limpidissima ma intorno ai 50 metri il suo colore cambia decisamente diventando di un tetro marrone.
Guardo in giù e già intravedo la sagoma del Millo, oggi la visibilità è migliore rispetto a lunedì scorso, giorno in cui abbiamo fatto il primo tuffo su questo sito.
Atterrati su di esso scegliamo di navigare sulla sua dritta e il mio primo pensiero va a quei poveri 57 marinai che non ce l’anno fatta, chiusi ormai, loro malgrado e in perpetuo, nella enorme e collettiva bara di ferro in fondo al mare.
A distrarmi da questo pensiero ci pensa una enorme musdea che sbucando dallo squarcio verso poppa, mi schizza davanti scodando come una macchina da corsa, seguita da un grongo con un capoccione che, se non fosse per la mancanza dell’etichetta NOLAN, (scusate la pubblicità) poteva essere tranquillamente scambiato per un casco da motociclista.
Nella sempre breve permanenza cerchiamo di vedere quanto più possibile , un cannone, spezzoni di reti incagliate sulle strutture, lo squarcio nel quale mi affaccio e illuminando con la torcia accendo magliai di anthias, ormai divenuti indiscussi e insfrattabili padroni di casa per usucapione.
Ma quindici minuti a queste profondità, sembra risentano anche loro dell’effetto della pressione, tanto sono compressi e scorrono velocemente.
Dobbiamo risalire e le tabelle ci danno la deco già a 45 metri, le tappe si susseguono come un lento viaggio in autostrada con brevi soste agli autogrill, senza però poter consumare niente se non solo gas, è un susseguirsi di pensieri e un riproiettare le immagini appena viste quasi a volerle cesellare nella mente dove rimarranno incancellate sino al prossimo tuffo sul Millo.
Foto: Regiamarina.net